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Mi sono reso conto di parlare sempre meno.

Non che questo sia un male, a volte. Però d’altro canto se continuo così rischio di scomparire dal mondo. Allora ho deciso di aprire un blog.

Si sarebbe dovuto chiamare “La pancia della balena”. Un bell’affare per uno che parla poco, se pensate che la famiglia dei cetacei è l’unica tra gli animali acquatici di cui è comunemente riconosciuta l’emissione di suoni.

Mi sono rifatto agli animali in pressoché tutti i periodi della mia vita. In adolescenza avevo scelto la rana: la speranza recondita credo fosse quella di diventare un principe, la giustificazione il fatto che fossero simpatiche e capaci di muoversi su tutti i terreni. Ho ancora oggi una collezione di rane sulle mensole della mia vecchia camera, ma ritengo chiusa quella fase. Sono passati i pavoni, i lupi, i leoni, ed ora tutto ciò che rimane sono le balene.

Mi affascina il loro andare in profondità, il canto con cui richiamano i loro simili, il fatto che siano nati come animali terrestri per poi tornare quatti quatti nell’oceano. Lo trovo in qualche modo romantico, come un rifiuto verso il caos e la violenza del mondo.

Andare a fondo, dicevamo. Una volta lessi su un giornale che il modo migliore per le persone timide di socializzare fosse approfondire il più possibile la propria conoscenza su un singolo argomento. Un singolo tema da conoscere come dio comanda, per poi poterne parlare per ore con un’altra persona. Mi ha affascinato molto, ma non ci ho mai creduto. Sarà che non ho mai avuto una passione così forte per un singolo tema, maledetta curiosità. Sono, per dirla come Baricco, un barbaro. Egli sostiene che le nuove tecnologie spingano sempre più i nativi digitali a dare valore ai manufatti capaci di metterci in collegamento con cose nuove e inaspettate (il link come elemento fondante della cultura). Da questo ne consegue un’attitudine naturale a passare da un argomento all’altro senza approfondirne veramente nessuno. Anni dopo aver letto questa teoria non sono ancora riuscito a farmi un’idea, so solo che l’ente che meglio funziona come HUB a questo mondo è la persona, e se la tecnologia è in grado di mettere la persona al centro della scena -beh, ben venga.

Andare a fondo, dicevamo. No, non mi riesce. Continuo a spaziare con la mente, e so che scrivere è l’attività che più si avvicina al movimento contrario: canalizzare, razionalizzare, dare una direzione. Il problema è che lo faccio tutto il giorno per lavoro, e questo blog è la mia valvola di sfogo. Questa è la mia scusa per tutti i ragionamenti sconclusionati e le sintassi che saltano. L’unica regola che voglio darmi è questa: onora la balena.

Perché andare a fondo è difficile, ma riflettere molto e guardare le cose da un’altra prospettiva è simile, ed è la chiave per sopravvivere. E allora durante una ricerca sulle balene mi sono imbattuto su quanto di più contro-intuitivo potessi trovare sull’argomento.

È il 1861 e delle balene tengono un ballo per festeggiare il rilevamento di nuovi giacimenti di petrolio in Pennsylvania. Petrolio? Balene? L’associazione immediata va alle petroliere affondante nell’oceano e le migliaia di forme di vita acquatica riverse sulla costa impiastricciate di oro nero. Eppure nel 1861 per le balene il petrolio era ancora una manna dal cielo: gli uomini avrebbero smesso di cacciarle per ottenere il grasso da bruciare, rimpiazzato dal più comodo e redditizio petrolio.

È solo una storiella, niente di più, ma mi ricorda di non vedere il mondo sempre in bianco e nero e aggiungerci quantomeno qualche sfumatura di blu, che credo rimanga il mio colore preferito.

Perciò, se entropia rimane il metodo, ciò che guida sarà la pancia, la pancia della balena (almeno finché non mi passerà la fissa anche per questo animale). Oh, giusto: che c’entra l’entropia? Beh, è il motivo per cui parlo e scrivo sempre meno. Credo che tutto ciò che realizziamo produca un sacco di disturbo e di rumore, il più delle volte superfluo. E allora, per una volta, tanto vale abbracciare il caos e fare anche qui un po’ di casino.

Di cosa parleremo? Boh. Società, tecnologia, comunicazione… lo scopriremo strada facendo. Se c’è una frase che mi affascina, da qualche anno, è questa:
“Sono stato a un pelo dall’occasione estrema di esprimermi, e ho scoperto con umiliazione che probabilmente non avevo niente da dire. Questa è la ragione per cui sostengo che Kurtz era un uomo notevole. Lui aveva qualcosa da dire. E l’ha detta.” (da Cuore di tenebra, J.Conrad)

Ecco. Qua dentro voglio dire tutto ciò che ho da dire. Punto.

Buona continuazione,
Davide.

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Questo è il blog di Davide Battisti, digital storyteller: qualcuno che racconta storie attraverso la rete. Anche se nella vita parlo sempre meno, mi occupo e appassiono di comunicazione. Mi trovi su Instagram al link https://www.instagram.com/_davidelo/