C’è un fatto con cui ormai sono venuto a patti: non riuscirò mai a giocare a tutti i videogiochi che vorrei completare nell’arco della mia vita. L’archivio delle perle da recuperare è ampio, il tempo a disposizione sempre meno, e in più continuano a uscire titoli quantomeno interessanti anno dopo anno. Però, se l’obiettivo rimane quello di conoscere e provare tutti i videogame possibili, perché mi ostino a rigiocare ossessivamente le storie della mia infanzia, lasciando le nuove copie che ho acquistato a prendere polvere sul mobile TV?
Tutto ciò scaturisce dalla nichilistica accettazione del non poter vivere tutte le avventure che vorrei nel corso di una vita – e quindi tanto vale rivivere quelle che mi hanno fatto stare bene in passato – o è solo un frutto della “memoria del cuore” che “elimina i brutti ricordi e magnifica quelli più belli”? Esiste uno scarto, quantomeno emotivo, tra i videogiochi di un tempo, grezzi ma preziosi, e quelli di oggi, raffinati ma poveri?
In sostanza: perché Final Fantasy VIII continua a spaccare i culi dopo venti anni?
Perché è per forza così: altrimenti non si spiegherebbero le flotte di fan che nel 2019 chiedono a gran voce un’edizione del capolavoro Square del 1999 su PlayStation 4, tanto da renderlo ormai un meme!
La triste storia dietro l’ottavo capitolo della saga videoludica che ha definito il genere dei JRPG (Giochi di Ruolo alla Giapponese) non fa che accrescerne la fama, rendendolo un oggetto mitico da rigiocare con cura e pazienza necessariamente nella sua versione originale: gli asset utilizzati per creare il videogioco, software e motore grafico, furono cancellati dai server per fare spazio alle nuove creazioni. Nessuno credeva che un giorno di venti anni dopo milioni di appassionati avrebbero aspettato una versione in HD da rivivere nella pronipote della console sulla quale fu originariamente giocato. Moda ahi-noi triste e diffusa nelle case di produzione nipponiche, che ha portato per esempio al reboot per Playstation 4 di altre pietre miliari come Crash e Spyro: se di Alta definizione e 2019 si parla, allora il gioco deve essere rifatto da zero.
*AGGIORNAMENTO POST E3 GIUGNO 2019!
E a quanto pare i fan hanno infine avuto ragione: nel corso dell’E3 di giugno 2019 (la più grande fiera internazionale del videogioco) a Los Angeles Square Enix ha annunciato una versione Remastered di Final Fantasy 8 in arrivo su PS4, Xbox, Switch e PC la cui uscita è prevista già entro la fine del 2019!
E noi saremmo pronti a un Final Fantasy VIII – Remake?
Tornando a giocare questo capitolo all’alba dei miei trent’anni (e saggio dell’esperienza nel mondo digitale), è stato facile notare i trucchi e gli espedienti che furono utilizzati all’epoca per dare la più ampia sensazione di immersione nel mondo videoludico al giocatore, a partire dai mitici fondali all’interno del quale sembrava solo di muoversi in un mondo tridimensionale, ma che a ben vedere erano costituiti soltanto di un’immagine con percorsi mappati all’interno, non dissimile da un qualsiasi punta e clicca contemporaneo.
Eppure quei fondali erano capaci di inventarci un mondo, dove le turbe adolescenziali si risolvevano a duello di Gunblade, dove si potevano collezionare le carte da gioco come quelle con cui ti sfidavi nella realtà, e dove una ragazza che credevi di dover salvare ti tirava fuori dalla disperazione più nera e dalla miseria. Ah, Final Fantasy VIII, ah, figlio del destino.
Al capitolo successivo è bastato allargare un po’ gli sfondi per ottenere il pass per lo schermo in 16:9 e la proporzione dell’Alta Definizione.
La telecamera si apre ancora un po’ su un mondo fantastico che era sì in miniatura, ma aperto, senza confini invalicabili, completamente raggiungibile e forse al tempo stesso nascosto.
Alla decima partita e con la piena conoscenza di internet e delle sue guide a disposizione ancora sono capace di trovare luoghi nuovi e sorprendermi, ancora ho il sospetto di non aver esplorato tutta la mappa, ancora dovrei camminare in ogni bosco ed ogni gola per essere sicuro.
Final Fantasy VIII vive ancora grazie ai suoi misteri
Questo è un Final Fantasy fatto come si deve, con i suoi buchi di trama, come piace sostenere agli esperti, ma anche con le sue lacune da riempire da sé, con l’immaginazione o le teorie di migliaia di appassionati che continuano a discuterne.
Ti accoglieva così, promettendoti tutto:
E poi superava le aspettative, lasciandoti con una perla di storytelling che ho capito solo adesso, quando al giorno d’oggi mi accingo a completarlo pienamente, col cuore colmo di emozione per questo viaggio nel tempo.
(E chi vive là dentro da venti anni sa che il sostantivo qui non è utilizzato a caso.)
Una lezione di Storytelling da Final Fantasy VIII
Come saprà bene chi l’ha giocato, la trama di Final Fantasy è molto articolata e complessa, e prevede viaggi temporali, streghe del passato e del futuro, destino già segnato e necessità di compiersi.
Ci sono però alcuni non-detti, alcuni particolari che dobbiamo cogliere da soli, certi aspetti che non sono enunciati in nessun dialogo ma raccontati dall’ambiente che ci circonda, su cui ci muoviamo all’inizio inconsapevolmente, e in seguito, nelle partite successive, facendoci domande e scoprendo aspetti sommersi tra le pieghe del codice e degli eventi.
Se di viaggio nel tempo si parla, per esempio, se di spirali, cicli autoconclusi ed eterno ritorno, il percorso che porta al boss finale non può che essere una scala circolare ascendente che porta i protagonisti a correre intorno a sé stessi per tanto, tanto tempo, crescendo.
Se le Guardian Forces, invocazioni dal quale si eredita il potere stabilendo con loro un legame, hanno l’effetto collaterale di cancellare progressivamente anche i nostri ricordi, non potrà che trovarsi in un luogo rimosso anche il più potente di loro, a distanza di un salto che ci impone di scendere a patti con la nostra paura del vuoto (rappresentazione tangibile della solitudine, paura & desiderio più grande del nostro protagonista).
Se per arrivare ad Artemisia bisogna attraversare il tempo, beh, allora l’ultimo sentiero che ci conduce a lei non può che farci letteralmente camminare attraverso il tempo.
Se tutto il nostro percorso era già scritto nel destino, se tutto era già previsto allora forse non c’era realmente qualcosa da salvare, e forse tutto ciò contro cui dovevamo batterci e sconfiggere eravamo noi stessi e le nostre paure.
E forse non devo dirvi oltre, perché nel peggiore dei casi avete già giocato questa perla e sapete già tutto, nel migliore invece non avete mai provato Final Fantasy VIII in vita vostra, e allora chi sono io per svelarvi più del necessario?
Ci sono tanti aspetti per il quale è necessario rigiocare una partita con un occhio attento, critico, allenato. Strati di lettura che come in una grande opera filmica o letteraria si sovrappongono, e rendono l’esperienza più rotonda, completa e avvolgente. Piccole perle di narrazione che nei capitoli di oggi si fa fatica a trovare.
Perché dovreste giocarlo oggi?
Per queste piccole lezioni di storytelling (o narrazione) che dopo venti anni il gioco è ancora in grado di impartire col suo simbolismo, per i significati nascosti che non avevo saputo cogliere, per le ore e ore di gioco che vi ho passato sopra e per tanti altri motivi ritengo che Final Fantasy VIII abbia ancora molto da insegnare e raccontare a tutti noi, con le sue atmosfere fantastiche, il suo stile di combattimento unico, la rabbia adolescenziale che non tornerà mai più.
Noi non lo dimenticheremo, e all’interno di qualche Memory Card siamo sicuri che anche lui farà altrettanto con noi.
Lo trovate ancora su Playstation Store per Playstation Vita e PS3. Oppure su Steam, per giocarlo da computer. Purtroppo dovrete ancora aspettare per la Playstation 4 e un eventuale porting su Nintendo Switch.