Ieri sera ho imparato a suonare la batteria in 4/4.
Mi hanno spiegato che questa è la battuta standard dei principali generi musicali, a partire dal rock (ma escluso il Jazz e il Prog). Si compone di 4 colpi equidistanti tra loro, che con variazioni di accento danno vita a diverse versioni.
Per chi come me è destro questa è l’impostazione: la mano destra batte sul “charly” (così me lo hanno presentato, nella figura è l’ “hi-hat“), posizionato a sinistra, sopra al rullante (“snare drum“, per tutte e quattro le battute. Quattro colpetti equidistanti al ritmo di “un-due-tre-quattro”. Sul quattro la sinistra batte in contemporanea sul rullante (di nuovo: snare drum) per scandire il ritmo. La complicazione arriva poi inserendo la cassa (bass drum), azionata dal piede destro col pedale sul “due”. Le braccia lavorano dunque incrociate (“lavorano” per modo di dire: credevo che fosse un movimento continuo di tutti gli arti, in realtà è tutto il polso che fa ondeggiare le bacchette su e giù).
Il ritmo che ne esce SECONDO IL MIO ORECCHIO è un “tu-tTUN-tu-tCIÁ” che ripetuto all’ossesso fa da base per la stragrande maggioranza della produzione rock. AC/DC, Led Zeppelin, Muse: tutti così.
CHE È QUELLO CHE VI DICONO OGNI VOLTA CHE VI APPROCCIATE ALLA MUSICA: il rock è semplice, quattro accordi. Poi però inseriscono il barrè, le dita vi fanno male, la chitarra non fa il suono giusto e voi la riponete nell’armadio e tutto finisce lì. Anche se è stato divertente.
Adesso vi dimostrerò che non è affatto semplice suonare uno strumento in 5 minuti. Tutto quello che sono riuscito a fare io in un’oretta – e senza nemmeno una batteria davanti – è riuscire a beccare il “due” col piede per quattro volte di fila. Per il resto sono sempre troppo impegnato con la testa a dire “oddio eccolo, adesso arriva il due, oddio devo prenderlo“, col risultato di battere un po’ sempre, sul 4, sull’1, quando capita.
Dicevo: devo smentirmi. Faccio leggere ciò che ho appena scritto alla persona che ieri sera mi ha fatto questa lezione, e vediamo se secondo lui ho imparato qualcosa:
“In cinque minuti nemmeno si impara a impugnare correttamente le bacchette. Poi, quando si impara, ogni arto va per conto suo, sebbene tutto concorra alla creazione del giusto ritmo. Un po’ come la vita: ogni tanto capita che il piede scivoli sul tre anziché sul due, ma basta fermarsi, come hai fatto tu ieri sera, grugnire infastiditi, e ricominciare a contare: uno, due, tre, quattro.“
Esatto. Bravo Pietro.
Ho voluto scrivere questo articolo per appuntarmi questi insegnamenti, perché ho trovato particolarmente interessante sfatare con me stesso il luogo comune che fosse tutto un lavoro di braccia, e che la mano destra non deve smettere di lavorare quando si attiva la sinistra. Sì, di default il mio cervello è pigro: ma è piacevole a volte darsi una svegliata.
Ah, e anche per ricordarci quanto è facile per un cretino qualunque aprirsi un blog e provare a spacciare verità senza alcun controllo (chiedo scusa a tutti i musicisti che si sono sentiti offesi durante la lettura di questo articolo). La verità è che per fare qualsiasi cosa serve tempo, e affidarsi a qualcuno di bravo che te lo insegni, perché, sempre per citare Pietro: “fare da autodidatta in questo caso è tra le cose più stupide che si possano fare perché rischi di importi un metodo sbagliato, e duro da correggere rivolgendosi in seguito a un esperto“.
Bene, spero che anche voi l’abbiate trovato utile.
A presto, e buona musica
Davide (non una rockstar -sigh)