Ho recentemente trovato un video in cui Piero Chiambretti dispensa ottimi consigli di marketing (a chi sa coglierli) mentre racconta della sua esperienza da imprenditore della ristorazione. Siccome ho un debole per le persone appassionate che raccontano il proprio lavoro nonché per il mangiar bene e il condividere quel che trovo, ho pensato di riportare qui alcuni di questi insegnamenti per gli affezionati di passaggio.
Ma prima, un passo indietro.
Il mio primo ricordo di Piero Chiambretti risale forse ai tempi dell’università, quando nell’appartamento di Firenze insieme ai miei amici e coinquilini ci divertivamo a seguire il Chiambretti Night e la pletora di ospiti e sketch che sfilavano in seconda serata davanti ai nostri occhi. Non sempre avevamo tutti i riferimenti necessari per capire le battute ed il contesto, ma lo ricordo ancora come un’esperienza godibile e come un appuntamento per noi fisso, sopratutto a causa di un elemento che ci riportava lì ogni giovedì sera: la pubblicità. Forse una delle doti migliori di Chiambretti è proprio il saper vendere: ricordo lanci televisivi molto simili al celebre spot Gabbo dei Simpson
Pochi secondi, un concetto ripetuto sempre più forte, niente che sveli a cosa si stia riferendo. La curiosità è la naturale conseguenza. Gli spot del Chiambretti Night erano così: brevi contenuti che oggi chiameremmo virali che incuriosivano il telespettatore e facevano una dichiarazione ben chiara: “questo è il programma dei numeri uno“, con la promessa implicita che se lo avresti visto, saresti diventato anche tu un numero uno.
E chi non vorrebbe esserlo?
Poi finì l’università, per un po’ abitai in case senza televisione, e quando tornai ad averne una i miei gusti erano ormai mutati, e Chiambretti non lo rividi più, salvo forse incrociarlo in qualche spot Fiat.
Questo fino a qualche tempo fa, quando ho incontrato un video su YouTube (la cui app offre contenuti spesso più interessanti della televisione sul quale è installata) in cui il conduttore racconta la sua esperienza di imprenditore nella ristorazione. Eccolo qui:
Se non vi ho perso con la visione del video, vorrei riflettere insieme a voi setacciando alcune delle perle emerse qua sopra.
Tra una chiacchiera e l’altra il video offre infatti una lezione di marketing valida per chiunque si avvicini al mondo della ristorazione, e al modo di fare (e comunicare – binomio nei fatti inscindibile) impresa.
Piero Chiambretti è proprietario di più ristoranti sul territorio torinese: Birilli, Fratelli La Cozza e Sfashion Cafè. Tre locali molto distinti tra loro, con un’identità forte e un concetto chiaro al centro.
Birilli è un locale di ispirazione retrò, come suggerisce il suo nome completo “Birilli, dal 1929“. Nonostante il ristorante nasca nel 1991 infatti si decise da dargli una storia fittizia di 70 anni, che passa dall’America a Parigi ad Alessandria d’Egitto. Per l’arredamento del locale la scelta è stata quella di rifarsi all’iconografia tipica di quegli anni, ripresa dalle foto dei vecchi divi del cinema che sono poi appese alle stesse pareti del locale, facendo sì che il cliente non sia più in grado di distinguere realtà e finzione degli ambienti. Nell’intervista Chiambretti racconta divertito di come le persone passassero di fronte al locale chiedendosi come avessero fatto a non accorgersi della sua presenza, se questo era già lì dal 1929. Il tema del falso è ripreso anche nel menu, con i falsi d’autore: piatti famosi di chef rinomati, riproposti a un prezzo inferiore ma uguali nella forma e nel contenuto (ma su questo dobbiamo fidarci della dichiarazione dell’oste, perché chi scrive non ha ancora avuto il piacere di testarlo con forchetta).
Segue poi Fratelli La Cozza, ristorante basato sulla missione di portare la vera pizza napoletana a Torino, fino a raggiungere il successo di essere il primo locale al mondo ad ottenere la Certificazione per la “Pizza Napoletana S.T.G.”.
E conclude la galleria lo Sfashion Cafè, parodia del Fashion Cafè di Milano, dove l’essere kitch è la regola. Il locale nasce per esorcizzare l’ossessione di essere sempre aggiornati alla nuova tendenza, e rispettare il motto “Tutto è moda tranne la moda”.
Otto anni dopo rispetto alla pubblicazione di quel video la storia da ristoratore di Chiambretti continua ad essere un racconto di successo, tanto che rispetto all’epoca del video si sono aggiunti altri due ristoranti di Torino: l’Arcadia, e l’Antico ristorante Porto di Savona. Chiambretti non svela apertamente il suoi segreti di marketing, ma dissemina qua e là gli elementi che ci aiutano a ricostruirli. Volendoli elencare suonano più o meno così:
- Chiediti: cosa manca qui?
Un locale da star del cinema, la vera pizza napoletana o un luogo dissacrante? Chiambretti pare essersi chiesto che genere di locale mancasse a Torino per poi aver studiato la propria soluzione. Questa è la regola aurea di ogni impresa e di certo non un segreto: se si vuole dare vita a un’attività bisogna prima di tutto chiedersi a quale domanda si vuole rispondere.
- Scegli un concept e non perderlo mai di vista
Non bisogna mai perdere il concetto che sta alla base della propria impresa. Anzi. È bene ribadirlo in ogni occasione. L’esempio dei falsi d’autore per un locale che fonda la propria la sua esistenza sulla fiction è perfetto in tal senso. Dev’esserci un’idea di fondo in ciò che si fa, da difendere fino alla fine: questa è la nostra identità.
- Scegli un concept che rispecchia chi sei
Questo è un po’ una declinazione del precedente, e affronta un punto del video di cui ancora non vi ho parlato. Chiambretti è conscio di essere un star televisiva prima che un imprenditore, quindi nei suoi locali ha dato certamente molta importanza alla qualità del cibo, ma almeno altrettanta al ricreare lo stesso clima dei suoi programmi: frizzante, ammiccante, divertente. Sa come tenere questa atmosfera sullo schermo, e differenzia i propri locali dando loro lo stesso tocco distintivo. Il consiglio arriva tramite una frecciatina ai molti suoi colleghi che si sono lanciati nel mondo della ristorazione, ma senza trasmettere la propria anima al locale, creando di fatto ristoranti uguali a tutti gli altri. Il consiglio generale è di individuare e trasmettere i propri punti di forza, in modo naturale.
- Metti a frutto ciò per cui ti conoscono
… e portali sul tuo territorio. Verso fine intervista Chiambretti fa un’altra confessione: ogni volta che andava a mangiare fuori praticamente tutto il locale chiedeva una foto con lui. Perché quindi non aprire un proprio locale e portare lì chi desiderava avere una foto insieme? Il consiglio generale è quello di cercare sempre di giocare in casa, metafora per dire di presidiare il proprio territorio, eliminare le mediazioni per arrivare direttamente ai propri clienti, e dare loro ciò che da noi si aspettano. Potrà sembrare scontato, ma nel turbinio della vita di ogni giorno a volte anche questo passa in secondo piano.
- Gioca con la curiosità delle persone
Per quanto vincente, una buona idea non si vende da sola. È necessario giocare a incuriosire le persone per farle muovere, senza dir loro troppo di ciò che le attende a destinazione. Questo è per me il consiglio più valido di tutti. Le persone si aspettano in genere poche cose da un prodotto, che però sono fondamentali e difficilissime da ottenere: affidabilità e prestazioni se la spesa è alta, il marchio di appartenenza a una bella tribù se il prodotto è da esporre, uno spunto di riflessione o spensieratezza se è il prodotto è da vivere. La promessa di Chiambretti è sempre “qui vivrai una bella esperienza“, ma questo non si può dire chiaro e tondo come troppe aziende fanno oggi. Va suggerito con pochi, accattivanti elementi che accendano la curiosità: lascia il pubblico con una domanda, e sarà lui a chiederti il resto.
Incredibile quel che si può trovare in un’intervista sulla gastronomia oggigiorno. Se conoscete altre belle persone che raccontano innamorate del proprio lavoro me le lasciate nei commenti? Se invece l’articolo vi è piaciuto vi invito a condividerlo, o seguirmi sulla mia pagina.